venerdì 7 giugno 2013

L'anello di Re Salomone

Secondo la leggenda (derivata da uno scritto apocrifo, Il testamento di Salomone, e poi ripreso da J. V. Widmann) l'anello era il magico mezzo con cui il re parlava con gli animali.
Racconta Lorenz:
Sta scritto che il Re Salomone parlava con i quadrupedi, con gli uccelli, con i pesci e con i vermi. Anch'io parlo con gli animali, seppure non con tutti, come sembra facesse il vecchio re, e ammetto la mia inferiorità su questo punto. Però parlo con alcune specie che conosco bene, e senza bisogno di un anello magico. In questo io sono superiore al vecchio re, che senza il suo anello non avrebbe compreso neppure il linguaggio delle bestiole con cui aveva maggior dimestichezza. E quando non ebbe più il suo anello, il suo cuore persino s'indurì verso gli animali: sembra che Salomone abbia buttato via l'anello magico in un eccesso d'ira, quando un usignolo gli svelò che una delle sue novecentonovantanove mogli amava un uomo più giovane. Così, per lo meno, racconta J. V. Widmann nella sua graziosa leggenda "Il santo e gli animali". Questo atto può essere stato assai saggio oppure assai sciocco da parte di Salomone, ma io, per conto mio, trovo che comunque non è sportivo servirsi di un anello magico nei rapporti con gli animali: anche senza ricorrere alla magia le creature viventi ci raccontano le storie più belle, cioè quelle vere. E in natura la verità è sempre assai più bella di tutto ciò che i nostri poeti, gli unici autentici maghi, possono anche soltanto immaginare.

Oggi, Con Slobodchikoff professore alla Northern Arizona University, fondatore dell'Animal Communications, studia il linguaggio dei cani della prateria e dichiara: "Tra loro usano il più sofisticato linguaggio animale mai codificato. Hanno fonemi simili alle parole, li combinano tra loro, usano quello che potremmo definire un chiacchiericcio sociale".


Così questi animali  riescono a distinguere i diversi predatori che arrivano nelle vicinanze delle loro tane e sembrano aver sviluppato dei sofisticati messaggi di allarme con cui informano i compagni non solo della specie del predatore, ma anche della grandezza e il colore.
i cani della prateria vivono in colonie che non si muovono e "giorno dopo giorno possono essere studiati".
Slobodchikoff registra tutte le comunicazioni del gruppo di cani della prateria oggetto del suo studio, registrazioni che poi vengono elaborate dal computer e restituite in lingua inglese. Il tentativo è di percorrere all'inverso il percorso, traducendo il linguaggio umano in lingua animale.
Il professore spera di creare un apparecchio che migliori l'interpretazione del linguaggio degli animali domestici e sostiene che nel giro di una decina di anni penso che saremo in grado di "parlare" veramente con i nostri cani e i nostri gatti.
Ineressante, Prof. Slobodchikoff, anche se io parlo già con i miei gatti!

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